Abolire 'ovvero'
di Giovanni Acerboni, 17 dicembre 2008
C'è una parola italiana che io abolirei per legge dalle leggi: ovvero. Se fosse abolita per legge, ne beneficerebbero le leggi e coloro che le leggono e le riformulano per i cittadini, per le imprese, per i colleghi.
'ovvero' ha infatti il curioso e raro destino di avere due significati opposti. Quando questa congiunzione viene utilizzata in una legge significa 'oppure' (significato disgiuntivo) e quando viene utilizzata comunemente o nei titoli di alcune opere letterarie e drammaturgiche (Frankenstein, ovvero Il moderno Prometeo) significa 'cioè' (significato esplicativo, dichiarativo, correttivo).
Il fatto è che quando il cittadino legge 'ovvero', soprattutto nei testi legislativi, amministrativi e professionali, dubita spesso del senso della frase, sia perché in quei testi si trovano concetti e terminologie difficili da intendere, sia perché capita addirittura che 'ovvero' sia impiegato come sinonimo di 'o' (e qualcuno mi ha addirittura confessato di aver usato per decenni 'ovvero' come sinonimo di 'cioè').
Esempio:
"Responsabile del procedimento di accesso è il dirigente o, su designazione di questi, altro dipendente addetto all'unità organizzativa competente a formare l'atto od a detenerlo stabilmente. Nel caso di atti infraprocedimentali, responsabile del procedimento è, parimenti, il dirigente, o il dipendente da lui delegato, competente all'adozione dell'atto conclusivo, ovvero a detenerlo stabilmente".
Questa ambiguità mi pare così grave che la chiamerei un errore. Infatti, nelle leggi 'ovvero' segnala l'alternativa assoluta tra due questioni principali: delle due, l'una (aut aut); mentre 'o' segnala l'alternativa relativa tra eventualità all'interno di una delle questioni principali (vel): l'una non nega le altre e non nega la questione principale.
Un esempio:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni".
Ad aggiungere caos alla confusione eccoti la Guida alla redazione dei testi normativi, che suggerisce di impiegare 'ovvero' solo per l'alternativa relativa (vel). Cito:
La congiunzione disgiuntiva "o" ha significati diversi a seconda che implichi previsioni alternative tra loro, l'una escludente altra, o invece previsioni non alternative tra loro, che possono ricorrere insieme o disgiuntamente. Nel primo caso si parla di formulazione disgiuntiva assoluta ("aut...aut"), nell'altro di formulazione disgiuntiva relativa ("vel...vel").Quando dal contesto della disposizione non risulta evidente l'una o l'altra opzione il dubbio va sciolto come segue:
1. per specificare la disgiuntiva assoluta si ripete la disgiunzione "o" due volte;
2. per esprimere la congiunzione disgiuntiva relativa, va comunque evitato l'impiego dell'espressione "e/o", e si utilizzano formule che con chiarezza esprimono il carattere additivo della elencazione, quali "ovvero" o "congiuntamente o disgiuntamente" e simili.
Non si sa più a chi dare retta. La via più breve, tenendo conto proprio del caos, mi pare quella di sostituire 'ovvero' con 'oppure' (nelle leggi e in tutti i testi tecnici), lasciando a 'ovvero' solo il significato comune di 'cioè' (indicato come il principale dai dizionari).
[pubblicato per la prima volta il 17 dicembre 2008 nel blog Scrittura professionale, di Giovanni Acerboni. Il blog, edito da Edizioni Master, è rimasto attivo dal 17 gennaio 2008 all'11 ottobre 2009].