Abolire 'codesto'
di Giovanni Acerboni, 18 ottobre 2011
Il sistema dei dimostrativi
Non si può essere più chiari di Andrea Calabrese: "Il sistema dei dimostrativi in italiano contemporaneo è composto di due termini: questo e quello. In italiano (toscano) antico, come in toscano moderno, il sistema è composto di tre termini: questo, codesto (o cotesto) e quello. In questo sistema codesto ha la funzione di indicare entità che sono vicine al destinatario dell'enunciato" (1).
La lingua burocratica
Tuttavia, 'codesto' sopravvive, come precisa Raffaella Secchi (2), nello scritto, indipendentemente se chi scrive e chi legge siano toscani o no. In particolare:
- nelle grammatiche, che ancora tendono a inserirlo tra i dimostrativi, indicandone però spesso l'uso limitato;
- nei testi giuridici e amministrativi, cioè nella lingua cosiddetta burocratica.
A proposito di quest'ultima, Tommaso Raso scrive che 'codesto' è "un arcaismo divenuto tecnicismo della lingua burocratica" (3). Qualche esempio, tratto da Internet:
in moduli prestampati che il cittadino compila e invia a ministeri, si leggono frasi del tipo: "Il sottoscritto... chiede a codesto Ministero...";
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un funzionario a un Ufficio di una organizzazione pubblica: "In riferimento alla comunicazione di codesto Ufficio in data...";
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un sindacato a un ministero: "La presente fa riferimento alle note di codesto Ufficio del...".
La lingua letteraria
A queste considerazioni, però, va aggiunto che 'codesto', come nota Luca Serianni, "è presente nello scritto letterario tradizionale" (4).
Ho compiuto una piccola indagine, a campione e senza pretese di completezza, a partire da Alessandro Manzoni che nella seconda redazione del romanzo (1827) aggiunge 47 'codesto' ai due che aveva utilizzato nella prima (1823). Ma vediamo soprattutto che cosa accade poi.
Il caso di un romanziere e drammaturgo. Nel 1868, lo scapigliato milanese Cletto Arrighi (anagramma di Carlo Righetti), introducendo la sua commedia Divorzio e duello, si scaglia contro la critica letteraria in questi termini: "Il mio dramma, con esito diverso rappresentato, alcuni critici sorsero a condannarne anche le tesi. I cattolici, avversi al divorzio, alzarono le spalle sclamando con quell'aria convinta che non ammette replica: E' mo' possibile che veniate adesso a romperci le scatole col vostro divorzio? L'avete forse scoperto voi questo rimedio, per venircelo a proporre come nuovo? No. La è ormai cosa giudicata! [...] Trovate un nuovo rimedio se siete capace: codesto che puzza di protestantesimo e di non ci garba e non lo vogliamo!" (6).
Il caso di un giornalista (anonimo). Il 19 luglio 1869, sul quotidiano milanese "La Perseveranza" appare la notizia seguente: "Sono appena due mesi che codesta Accademia è nata ed il suo sviluppo ha preso tali proporzioni, per le molteplici domande di nuovi soci, che l'attuale Direzione dovette frettolosamente darsi briga di provvedersi, per le rappresentazioni, di un teatro più vasto".
Il caso di un linguista. Nel 1895, il letterato Leopoldo Pullè e il linguista Carlo Salvioni scrivono, giudicando un dizionario dialettale candidato a un concorso: "Or codesta mancanza di uniformità fa sì che il lavoro, sebbene compiuto, in quanto si estenda all'intiero alfabeto, pur non si possa dire finito, in quanto ancora ha bisogno di essere ridotto a un unico tipo". (7)
Il caso di un filosofo. 'codesto' si trova una trentina di volte nella Letteratura della nuova Italia. Saggi critici di Benedetto Croce, pubblicata nel 1921 (Laterza). Cito alcuni esempi: "Quale valore critico hanno codeste osservazioni?"; "Da codeste considerazioni parrebbe che gli avversari avessero torto per tutti i versi"; "Ma codesta è spiegazione rettorica"; " il Pascoli non ha più ripreso codesti motivi"; " Ma, prima di ricorrere a codeste ipotesi da disperati (da disperati, perchè non verificabili), bisogna esaminare un'ipotesi più semplice"; "Ora, come si giustifica l'apparenza di lotta ideale che l'autore vuol serbare alla descrizione di codesti casi patologici?"; "Ma codeste sono varietà superficiali".
Il caso di un poeta. 'codesto' si trova in Montale, Ossi di seppia (1925), nei versi famosissimi di Non chiederci la parola: "Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Da notare che in questo caso 'codesto' ha valore cataforico, cioè si riferisce a qualche cosa che non è stato ancora detto.
Il caso di un cantautore. Fabrizio De Andrè usa 'codesto' nella canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, scritta con Paolo Villaggio nel 1967: "E' mai possibile porco di un cane / che le avventure in codesto reame / debban risolversi tutte con grandi puttane".
Il caso di un critico letterario contemporaneo. Ho trovato un 'cotesto' nel Romanzo senza idillio. Saggio sui "Promessi sposi", di Ezio Raimondi, pubblicato nel 1974 e poi anche nel 2000: "È accaduto più di una volta a Raymond Queneau d'osservare che la tradizione del romanzo occidentale, sino a Joyce, si può ricondurre a due poli, a due grandi tipi di racconto, rappresentati rispettivamente dall'Iliade e dall'Odissea. [...]. A ragionare secondo coteste categorie, il personaggio di Renzo, nei Promessi sposi, fa del romanzo una specie di Odissea [...]". (8)
Andrà però notato che 'codesto' non ha l'esclusiva, perché condivide con 'questo' questa (stavo per dire 'codesta') funzione, anzi 'questo' ricorre un numero di volte enormemente superiore. Per esempio, nel volume di Croce, che è di 400 pagine, 'codesto' appare complessivamente una trentina di volte, mentre 'questo', con la medesima funzione, raggiunge lo stesso numero a pagina 30. Cito alcune occorrenze di 'questo': "L'ispirazione di tutti questi romanzi è sempre la medesima"; I tedeschi hanno, contro questo sbaglio e quest'equivoco"; "L'introduzione di questo bozzetto è degna di nota"; "Storie, come questa di Nedda, si disegnavano in folla nell'animo del Verga"; "Queste idee sono chiaramente erronee".
Sembra dunque che 'codesto', nella lingua letteraria, si configuri come un sinonimo colto di 'questo', da usare, appunto, per marcare lo stile, e da usare di tanto in tanto, per evitare in primo luogo che la marcatezza divenga normalità, e in secondo luogo l'affettazione, che si otterrebbe usando "sempre il cotesto tutte le volte che una cosa è vicina alla seconda persona", come notava Raffaello Fornaciari già nel 1881 (8). Fornaciari, dunque, percepiva 'questo' come sempre normale, 'codesto' come colto ma normale se usato con moderazione, e come affettato se usato troppo spesso.
E oggi?
'codesto' sopravvive ancora oggi. Mi sono affidato a Google, per qualche rilevazione, ma uno spoglio più sistematico, direi soprattutto della saggistica, dovrebbe produrre risultati più probanti. Ad ogni modo, 'codesto' compare nel titolo di una raccolta di poesie on line di Roberto Cremoncini, Codesto inganno, del 2008 e in altri testi on line:
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in alcune poesie: "Codesto sarà il nostro fato?" (pubblicata nel 2006 da Takke), e Codesto fiore (pubblicata nel 2007 da Cleopa). Interessante notare che in un commento alla poesia di Takke si parla di "linguaggio aulico" (10);
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nei messaggi dei forum, generalmente con un intento espressivo: "O utenti di codesto sito, mi date un esimio parere?".
Da notare infine la citazione camuffata del verso di Montale nel titolo di un articolo di Massimiliano Lussana nel "Giornale" on line del 20 settembre 2011: "Codesto sappiamo, il sindaco che non vogliamo" (11).
"Rari nantes in gurgite vasto" di Google, e per lo più nelle mani di poeti che stanno ai margini del circuito 'ufficiale', e di membri di comunità on line. Tuttavia, dire che 'codesto' sia scomparso non si può. Altro sarebbe augurarsene la scomparsa, ma occorre soprattutto che chi lo usa consideri i risultati che ottiene. Optare deliberatamente per uno stile superato ha delle conseguenze sul piano della comunicazione che possono essere condivise dal destinatario solo se intende l'ottima ragione dell'autore, che pure deve averla.
Mi pare proprio di poter concludere affermando che l'uso di 'codesto' come variante colta (o ritenuta tale) di 'questo' rappresenti un gusto ormai decisamente fuori moda. Ma devo anche confessare, non senza rimorso, e per non apparire quello che scaglia la prima pietra credendosi senza peccato, di aver subito anch'io il condizionamento di questo gusto, e di avere utilizzato 'codesto' in un mio saggio del 1998 (9). Mi consolo dicendomi che così, in fondo in fondo, non mi sono fatto mancare nemmeno codesto nella vita.
Casi di incomprensione
Tra il linguaggio e il contesto letterari e quelli dei testi amministrativi e professionali ci sono delle differenze incommensurabili, sicché non si può dire che se un fatto è vivo o ammissibile in letteratura debba sopravvivere e sia ammissibile anche nei testi professionali. Ciò che conta è il valore comunicativo. L'uso di 'codesto' nei testi professionali è marcato addirittura di più che nei testi letterari, perché esibisce l'adesione (non so quanto consapevole) allo stile aulico della letteratura, uno stile che da cui i testi professionali, almeno quelli più tecnici e operativi, farebbero bene a emanciparsi piuttosto che a imitare, anche quando quello stile non presenta tratti aulici (naturalmente, che uno dei sostrati della lingua amministrativa sia la lingua della letteratura, è cosa ben nota, e riguarda fenomeni ben più rilevanti che non il nostro povero 'codesto').
Ma veniamo al fatto.
Nei testi di alcune pubbliche amministrazioni ho trovato frasi come la seguente: "si invita codesta YYY a fornire informazioni aggiornate", dove YYY sta per il tipo dell'organizzazione destinataria del messaggio, per esempio 'banca', 'società', 'associazione' (es. si invita codesta società) (13).
È capitato, poi, che diverse organizzazioni destinatarie di messaggi simili abbiano risposto con una frase come la seguente: "In relazione agli impegni assunti da codesta YYY [...] si comunica che [...]", dove chi scrive, che non è un toscano ed è spesso laureato, riferisce 'codesto' a se stesso.
Che cosa aveva in mente? Due possibilità:
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che 'codesto' significasse 'questo';
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che 'codesto' non significasse nulla di preciso, che avesse – che so – il significato di 'attuale', 'operativo', 'legalmente costituito' e così via.
La prima possibilità ci suggerisce che il significato di 'codesto' sia ormai stato assorbito in quello di 'questo' (o di 'quello', in altri possibili casi), e che 'codesto' rappresenti la variante 'alta' del dimostrativo normale.
La seconda possibilità ci suggerisce invece che chi lo usa non lo capisce proprio più.
Abolire 'codesto'
Non so se casi analoghi di incomprensione siano già stati intercettati e considerati. Non mi risulta.
In ogni caso, mi pare che, a questo punto, possiamo considerare inutile anzi fuorviante la sopravvivenza di 'codesto' nei testi amministrativi e professionali. Porto un solo argomento, al proposito. Nell'ipotesi (benevola) che chi riferisce 'codesto' a se stesso lo intenda come la variante 'alta' di 'questo/quello', 'codesto' sarebbe una delle spie di quella mentalità (sbagliata) secondo la quale, quando si scrivono documenti professionali, occorre 'parlare difficile'.
Nella mia attività di consulenza e di formazione ho notato molto spesso nei miei interlocutori una resistenza molto forte ad accettare il fatto che parlare difficile non equivale affatto ad alzare il registro. Alzare il registro è possibile e lecito, naturalmente, ma occorre valutare se sia comunicativamente efficace e se lo si sa fare, cioè se lo si sa gestire in modo coerente in tutto il testo.
'codesto' può, dunque, anzi dovrebbe, anzi deve essere abolito, ed essere sostituito da 'questo' o 'quello', a seconda dei casi.
Un problema di relazione
L'allineamento al sistema bipartito, però, non risolve del tutto la questione. A ben vedere, infatti, ci sono molti modi per rivolgersi al proprio interlocutore. L'uso del dimostrativo, quale che sia, implica una relazione ben diversa da quella stabilita da una costruzione che lo evita, come per esempio "vi invitiamo a fornire informazioni aggiornate", o "si invita la Banca YYY / società XXX a fornire informazioni aggiornate", o "le informazioni che abbiamo ricevuto finora da voi non sono aggiornate. Per poter procedere è necessario che ci inviate tutti gli aggiornamenti".
La mia esperienza conferma che stabilire una relazione adeguata è un problema profondo delle organizzazioni, che sono fatte di persone, ognuna con il suo punto di vista sull'organizzazione per cui lavora, ognuna con il suo punto di vista sulle modalità della relazione che l'organizzazione per cui lavora deve stabilire con le altre organizzazioni, che sono fatte di persone, ognuna con il suo punto...
Note
1) Andrea Calabrese, I dimostrativi: pronomi e aggettivi, in Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi, Anna Cardinaletti, a c. di, Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 631. Una curiosità interessante: il correttore ortografico del mio word non riconosce 'cotesto'.
2) Raffaella Setti, Codesto (cotesto) nel sistema degli aggettivi e pronomi dimostrativi, http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=8184&ctg_id=93, 20 ottobre 2009.
3) La scrittura burocratica. La lingua e l'organizzazione del testo, Roma, Carocci, 2005, p. 127.
4) Luca Serianni con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET, 1989, p. 276.
5) Cletto Arrighi, Divorzio e duello, dramma sociale per Cletto Arrighi, Rappresentato per la prima volta a Bologna il giorno 4 febbraio 1868, Milano, Cronaca Grigia, 1868, p. 8-9.
6) Il concorso per la compilazione di dizionari dialettali fu bandito con Decreto Reale del 6 marzo 1890. La commissione era composta da Graziadio Isaia Ascoli (presidente), Ruggero Bonghi, Vincenzo Crescini, Michele Kerbaker, Luigi Morandi (il deputato promotore del concorso), Francesco D'Ovidio, Francesco Lorenzo Pullè, Carlo Salvioni e Cesare De Lollis (relatore). La ricostruzione dettagliata e il documento che ho citato si trovano in Bruno Barozzi, Il concorso per i vocabolari dialettali del 1890, in "La ricerca dialettale", 1981, vol. III, pp. 303-340.
7) Ezio Raimondi, Il romanzo senza idillio. Saggio sui "Promessi sposi", Torino, Einaudi, 2000, p. 173.
8) Cito da Serianni, cit., p. 276.
9) Cletto Arrighi e il Teatro Milanese (1869-1876), Avvertimento di Guido Bezzola, Roma, Bulzoni, 1998. Ricordavo di averlo utilizzato un paio di volte, ma ne ho ritrovata una sola (l'altra mi deve essere sfuggita, o forse ricordavo male), a p.: 152, in nota: "Codeste opere erano, per il momento, "al vaglio della censura", che forse ne bloccò qualcuna".
10) Le poesie si trovano, rispettivamente, ai siti http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=108454 e http://www.scrivendo.it/opere/codesto-fiore.
13) Gli esempi sono autentici ma, ovviamente, non posso citare le fonti.