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"Fare cose con le parole"

Il ritorno di... Abolire 'ovvero'

di Giovanni Acerboni, 20 luglio 2009

 

Torno sulla mia proposta di abolire 'ovvero' dalle leggi e per legge perché ho nuovi materiali, che nel frattempo ho rinvenuto, grazie anche a diverse persone con le quali ho discusso della questione (in particolare, ringrazio Elena Bonafè di Confindustria Venezia).

Il cosiddetto Decreto Ronchi (Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) sui rifiuti pericolosi e non pericolosi, all'art. 6 (intitolato, per l'appunto, Definizioni), comma 1, lettera m) diceva (si notino soprattutto i punti 2 e 3, e i miei grassetti):

m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni:

1 - i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita' superiore a 2,5 ppm ne' policlorobifenile, policlorotrifenili in quantita' superiore a 25 ppm;

2 - il quantitativo di rifiuti pericolosi depositato non deve superare 10 metri cubi, ovvero i rifiuti stessi devono essere asportati con cadenza almeno bimestrale;

3 - il quantitativo di rifiuti non pericolosi non deve superare 20 metri cubi, ovvero i rifiuti stessi devono essere asportati con cadenza trimestrale;

4 - il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi omogenei e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche', per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

5 - devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi;

6 - deve essere data notizia alla Provincia del deposito temporaneo di rifiuti pericolosi.

La questione ai punti 2 e 3 era: i rifiuti devono essere asportati quando raggiungono i 10 o i 20 metri cubi oppure bimestralmente o trimestralmente, oppure bimestralmente o trimestralmente anche se non raggiungono i 10 o i 20 metri cubi? Il dubbio è generato da 'ovvero' che significa 'oppure' nel linguaggio legislativo mentre nel linguaggio comune significa esattamente il suo contrario: 'cioè' (rimando il lettore che vuole approfondire all'articolo Abolire 'ovvero').

Per il Ministro Ronchi, era chiaro che 'ovvero' significasse 'oppure' (lo scrisse anche in un libro: La riforma dei rifiuti: i nodi critici, Edizioni Buffetti, 2004: "A nostro avviso era già chiaro che "ovvero" vuol dire "o" e non "e"."). Ma se era chiaro per il legislatore, non era altrettanto chiaro per i giuristi, per gli enti di controllo e per i giudici, alcuni dei quali intesero la norma in senso restrittivo, cioè intesero che 'ovvero' significasse 'e'. Questa interpretazione causò un enorme disagio alle imprese produttrici di rifiuti. Vi fu un dibattito, che la Sentenza n. 4957 della Cassazione penale, SEZIONE III, del 21 gennaio 2000, riassume. Il punto di partenza del ragionamento dei giudici è, dal nostro punto di vista, addirittura più importante delle conclusioni della sentenza, che vedremo in seguito:

Deve rilevarsi che nel vigore di detta normativa erano state proposte due letture del termine "ovvero" ritenuto da una parte della dottrina quale disgiuntivo e da altro indirizzo come esplicativo e congiuntivo.

Già questa frase dimostra la necessità di definire univocamente 'ovvero' oppure di abolirlo per legge dalle leggi, che è la mia proposta. Ad ogni modo, leggiamo ancora alcuni passi della sentenza:

In sostanza, secondo alcuni dei primi commentatori, era possibile configurare un deposito temporaneo di rifiuti non pericolosi sia nel caso in cui non superassero i 20 metri cubi sia ove, indipendentemente da questo limite quantitativo, fossero asportati con cadenza trimestrale, mentre altri richiedeva il concorrere di dette due condizioni, sicché, qualora i rifiuti avessero superato i 20 metri cubi, dovevano essere asportati anche con una cadenza inferiore a quella trimestrale, costituente, in ogni caso, il termine massimo, entro cui avviarli allo smaltimento o al recupero.

Accadde il 23 settembre 1997 che a proposito di questa legge la Commissione Europea aprì una procedura d'infrazione contro l'Italia. Per rispondere a questa procedura, il Ministro Ronchi emise un decreto correttivo (il cosiddetto Ronchi bis, Decreto Legislativo 389/97 dell'8 novembre 1997). A scanso di equivoci fece riscrivere interamente anche i punti 2 e 3 della lettera m) (che pure non erano oggetto delle riserve della Commissione Europea). Cito il testo sostitutivo (art. 1 comma 4 del decreto correttivo) (si notino in particolare i passi che ho messo in grassetto):

2 - i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

3 - i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori.

Chiaro, ora? Chiara, certamente, è la volontà del legislatore di chiarire le sue intenzioni, cioè che il deposito temporaneo dei rifiuti dura, rispettivamente per i rifiuti pericolosi e per i rifiuti non pericolosi, al massimo due o tre mesi indipendentemente dalla quantità dei rifiuti, oppure ("ovvero"), a scelta dell'impresa che li deve smaltire ("in alternativa"), quando la quantità di rifiuti raggiunge i 10 o i 20 metri cubi.

Chiaro dunque? Non ancora. Alcuni giuristi la pensano in un modo, altri in un altro. Cito ancora la sentenza della Cassazione penale.

Da parte di alcuni giuristi "fautori di una esegesi a livello letterale si è ritenuto definitivamente chiarita la duplicità di alternative, quantitativa e temporale".

Altri, invece, rilevano

come il dato testuale finiva con il creare un'alternativa in realtà inesistente e con l'attribuire un'interpretazione abrogante al limite quantitativo, sicché si era in presenza di un risultato logicamente incompatibile e, in parte, in contrasto con i principi comunitari e con il fondamentale diritto alla salute. Pertanto si proponeva un'altra analisi ermeneutica [...]: "i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito" cioè anche se non superano i venti metri cubi vale a dire indipendentemente dal raggiungimento delle quantità massime consentite in deposito "ovvero, in alternativa" cioè in ogni caso "quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi raggiunge i venti metri cubi.

Sembra la vecchia barzelletta dei bignè: un signore va al bar e chiede un cappuccino e un bignè. Il barista lo informa con rincrescimento che i bignè sono finiti e gli mostra la dispensa con tutti gli altri dolci. Il cliente ci pensa su e poi ordina un caffè lungo e un bignè. Il barista dissimula, si scusa nuovamente, si rincresce che i bignè siano finiti, loda la qualità delle esse, delle tortine, delle brioche, persino dei cioccolatini. Il cliente lo ringrazia, ci pensa e poi ordina un succo di frutta e un bignè. A questo punto, il barista decide di essere chiaro e dice: "Caro signore, purtroppo i bignè sono finiti. Se vuole proprio e solo un bignè, l'unica cosa che posso suggerirle è di proseguire venti metri lungo la strada dove trova una pasticceria, che avrà certamente degli ottimi bignè freschi". Il cliente lo ringrazia, guarda la dispensa dei dolci e poi ordina una birra e un bignè.

Interrompo la barzelletta perché devo dare un cattiva notizia al lettore: la sentenza, dopo aver presentato la dottrina, ha accolto la seconda interpretazione (cioè quella per la quale 'ovvero' significa 'e' o 'cioè'), e ha emesso un verdetto di condanna nei confronti di una azienda che si era comportata intendendo 'ovvero' nel senso disgiuntivo di 'oppure'. In altri termini, i giudici hanno inteso 'ovvero' nel significato comune e l'impresa nel significato legislativo: un corto circuito davvero paradossale. Ecco la sentenza (miei i tristissimi grassetti, anzi neretti, in segno di lutto per la morte del buon senso):

In sostanza la modificazione apportata [...] alla luce di un'interpretazione adeguatrice, del rispetto dei principi comunitari e dei limiti imposti dalla Corte di giustizia europea con la pronuncia del 5 ottobre 1999, finisce con il chiarire e fornire definitivo avallo all'analisi ermeneutica del termine "ovvero" contenuto nella formulazione originaria da intendersi in senso esplicativo e congiuntivo vale a dire nel senso che "il quantitativo dei rifiuti non pericolosi depositato non deve superare 20 metri cubi" oppure, ove non superi detto limite quantitativo, "i rifiuti devono essere asportati con cadenza almeno trimestrale".

Il collegio ritiene di dover aderire pure per la formulazione originaria a detta interpretazione in virtù delle ragioni generali e dei principi su espressi e ribaditi, sicché non vi è alcuna norma più favorevole introdotta con il decreto legislativo n. 389 del 1997, ma solo una disposizione involuta, che avrebbe dovuto assumere funzione chiarificatrice.

Ecco dunque la conclusione della barzelletta. A questo punto il barista, che stava raccontando l'episodio a un suo amico, gli chiede: "Ma tu, a questo punto, cosa avresti fatto?". E l'amico gli risponde: "Io avrei preso il vassoio dei bignè e glieli avrei rovesciati addosso".

I disagi subiti dalle imprese in seguito a questa sentenza furono parecchi e durarono fino al 2006, quando questa legge fu surrogata dal Testo Unificato Ambientale (Decreto Legislativo, 3 aprile 2006, n. 152), che all'articolo 183, lettera m), punti 2 e 3 diceva testualmente:

2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:

oppure

2.1) con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;

oppure

2.2) quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i 10 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

oppure

2.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;

3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:

3.1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;

oppure

3.2) quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i 20 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

oppure

3.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità.

Lo spirito dell'originario Decreto Ronchi veniva dunque ripristinato, con una formulazione finalmente disambiguata. La causa di tutto l'equivoco era infatti la presenza di 'ovvero'. Bastava toglierlo, e finalmente fu tolto.

Non oso immaginare come si sentano coloro che hanno dovuto pagare per questo equivoco. Penso che, come minimo, si sentano sgambettati, vittime di un tranello che, in questo caso almeno, è dipeso non dalla volontà del legislatore e nemmeno poi tanto da quella libertà di interpretazione a cui i giudici hanno diritto, bensì dal valore ambiguo di una congiunzione, che ha il raro destino di avere due significati opposti: disgiuntivo nel linguaggio legislativo, esplicativo nel linguaggio comune. Che poi, questo secondo significato sia a volte quello che qualcuno applica anche nel contesto legislativo, è il segno che questa congiunzione è divenuta pericolosa. Infatti continua a essere impiegata imperterritamente, e persino nel Testo Unificato Ambientale ricorre gagliardamente decine di volte, negli altri articoli.

La morale è sempre quella: abolire 'ovvero' dalle leggi. Per legge. Non rimarremo senza parole: potremo esprimere l'ambiguità ovvero la chiarezza in molti altri modi, ovvero con molte altre congiunzioni... ovvero con 'oppure', ovvero con 'cioè'. Chiaro, no?

[pubblicato per la prima volta il 20 luglio 2009 nel blog Scrittura professionale, di Giovanni Acerboni. Il blog, edito da Edizioni Master, è rimasto attivo dal 17 gennaio 2008 all'11 ottobre 2009].